Populisti? Sì, con il nostro “pop….”

Troppo ghiotta l’occasione per randellare gli affamatori dei popoli: banche, assicurazioni, multinazionali del farmaco (meglio se dei vaccini!) e gratificare, in tal modo, la suggestione (non la pancia vuota) dei cittadini vessati da un caro vita che assottiglia i salari e da una crescita incontrollata anche dei prodotti di prima necessità.

Colpire le banche ree di tassi attivi troppo bassi rispetto alla crescita esponenziale dei tassi passivi diventa quasi un obbligo sociale (socialista!).

Il governo in un rigurgito a metà tra Robin Hood e Stalin ha tassato (vedremo in che misura!) le banche. Tutto bene sin qui, sembrerebbe. Proviamo ad andare un po’ più a fondo.

Intanto qualunque impresa tende a scaricare gli extra costi (tutto extra: il profitto, la tassazione e quindi i costi) sempre sul consumatore/correntista. Piccoli aumenti spalmati su tutti i titolari di conto corrente o deposito titoli e il gioco è fatto. Il risultato è che l’intemerata governativa diventa l’ennesima tassa a carico di quel cittadino già vessato dalle banche ed ora pure dallo Stato gabelliere di prima istanza.

Forse sarebbe stato meglio vigilare ex ante e sollecitare (anche costruendo una tassazione articolata in funzione dei tassi attivi e passivi di ogni singola attività vigilata dalla Banca d’Italia) comportamenti equi ed etici. Meno Stato (Usa per esempio) si ricordi significa sempre maggiore libertà per l’impresa, per la concorrenza e per il cittadino. Più Stato (Turchia per esempio) significa maggiori costi, maggiore incertezza e soprattutto minori investimenti stranieri.

D’altro canto però lo Stato (sì, sempre lo stesso) incassa un extra gettito (anche questo extra) dalle accise sulla vendita dei prodotti petroliferi da trazione. L’inflazione galoppante gonfia i prezzi e l’IVA schizza verso l’alto generando insieme alle accise una entrata non prevista di oltre 5 miliardi.

Insomma un salasso per i milioni di italiani in viaggio per le vacanze, una sorta di tassa sulle difficoltà delle famiglie italiane. Più cresce il prezzo alla pompa più il governo rimpingua le casse rese asfittiche da una crescita sotto tono e da una evasione alimentata da improvvide dichiarazioni altolocate.

Quindi da una parte lo Stato tassa le banche per gli extra profitti, dall’altra incassa l’extra gettito dall’automobilista. In tutte e due i casi si tratta di un modello di governo assai distante da quella attesa liberale che pur si attendeva.

La misura di uno stato illiberale è proporzionale alla voracità esattrice. Tutto più semplice: meno discrezione e meno ruberie, meno mancette e meno spese pazze da parte del governo se si fossero invitate con una moral suasion autorevole le banche a garantire tassi di interesse adeguati e se si fossero ridotte le accise sulla benzina.

Dimenticavo era anche una promessa “blaterata” dalla premier, ma tutto si cancella con comparsate in Albania.

Paolo Russo

Responsabile per il Mezzogiorno nella Segreteria Nazionale di Azione – medico – scrittore

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