Mancini e Gravina, Spalletti e De Laurentis


Mancini si sarebbe dovuto dimettere subito dopo l’esclusione della nostra nazionale dal mondiale: le persone serie fanno così, a tutti i livelli. Troppo grave quella sconfitta. Sbagliò Gravina che addirittura, pare, lo pregò perché restasse: commise un errore imperdonabile, lui glorioso conduttore dell’epopea europea che aveva mancato la più importante competizione del calcio nel mondo.
Mancini si aggiustò pensando alla rivincita, o peggio, al vil danaro; Gravina immaginò di evitare contraccolpi nelle altalenanti dinamiche politiche della Figc.
Il risultato è che ci troviamo a due settimane da due importantissime partite per la qualificazione europea senza Ct, ovviamente senza un disegno strategico, senza un modulo e naturalmente senza alcuno schema condiviso.
Roba da irresponsabili entrambi, ma questa vicenda ne evidenzia un’altra che ha profili etici, imprenditoriali, sociali e comportamentali.
Potrebbe essere il “nostro” Spalletti il designato, ma grava su di lui la clausola di non ingaggio per questa stagione da parte di chicchessia…
Si tratta di poco più di 3 milioni di euro. Una cifra cento volte inferiore a quanto l’allenatore degli “uomini forti per destini forti” ha fatto guadagnare al Napoli calcio.
Non conto la gioia donata ad ogni tifoso, l’allegria regalata all’intera città, il magnetismo di cui ha goduto Napoli in questi mesi di riscatto anche calcistico.
Trovare una soluzione per consentire a Spalletti di allenare la nazionale che ha vinto 4 coppe del mondo (un tempo si chiamavano Rimet), secondi solo al mitico Brasile, è un obbligo a cui Gravina non potrà sottrarsi, ma lo è di più per Adl che potrebbe con un atto di munificenza ribaltare la considerazione che ogni tifoso ha di lui.

Paolo Russo

Responsabile per il Mezzogiorno nella Segreteria Nazionale di Azione – medico – scrittore

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