Studio Cgia: inflazione, le grandi città e un conto che diventa giorno per giorno più salato

L’inflazione colpisce soprattutto le grandi città. E’ quanto emerso da un report realizzato dall’Ufficio Studi della Cgia, che stima una stangata da 92 miliardi di euro, di cui quasi 7 riguardano soltanto la Campania e la metà di questi nella provincia di Napoli (3,33 miliardi di euro su un ammontare di depositi censiti di circa 41,6 miliardi). Roma (7,42 miliardi), Milano (7,39 miliardi), Torino (3,85 miliardi) e Napoli sono le città più colpite dal carovita. Seguono Brescia (2,24 miliardi) e Bologna (1,97 miliardi). Le meno esposte sono la provincia di Enna (156 milioni di euro), Isernia (153) e Crotone (123). In Campania Salerno è la regina del carovita, segnando quota 1,38 miliardi (su 17,3 miliardi di euro di depositi); seguono Caserta (1,01 miliardi su 12,6), Avellino (707 milioni su un monte risparmi per oltre 8,8 miliardi) e Benevento (383 milioni su 4,7 miliardi). Secondo i conti dell’Unione nazionale consumatori, per una famiglia napoletana l’inflazione eroderà a tal punto i risparmi da rendere necessaria una spesa di circa 1.600 euro in più rispetto allo scorso anno.
Tra i settori più colpiti c’è quello alimentare, come confermato da un’indagine svolta da Coldiretti, secondo la quale più della metà degli italiani hanno modificato le proprie abitudini d’acquisto rinunciando ad alcuni prodotti, mentre solo il 33% ha lasciato invariato il carrello della spesa. A testimonianza di ciò, dallo studio è emerso che in Italia l’acquisto di frutta e verdura è crollato nel 2022 dell’11% rispetto allo scorso anno e inoltre si è registrato un boom dei discount alimentari, che hanno segnato un +9% sulle proprie vendite. Secondo la Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti, il rincaro si è esteso a tutti i beni di prima necessità come pane (+14%), yogurt (+12%), burro (+34%) salumi (+7%), margarina (+24%), farina (+23%), riso (+22%) e pasta (+22%), prodotti per la cui realizzazione è necessario un maggior impiego di attrezzature e processi, il cui costo è fortemente lievitato per via dell’incremento dei prezzi dell’energia e del gas.
Se da un lato questi rincari spingono insù il gettito fiscale, in particolare quello dell’Iva, con aumento delle entrate tributarie di 40,69 miliardi di euro nei primi otto mesi del 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021, dall’altro si intensificano i timori dello spettro stagflazione. Infatti, l’inflazione continua ad attestarsi su valori eccezionalmente elevati (+11,9% in Italia e +10,6% nell’area euro) e il Fondo Monetario Internazionale ha recentemente rivisto a ribasso le stime del pil nel 2023: è attesa una crescita dell’1,2% per l’Eurozona (-1,1% rispetto alle stime di luglio) e del -0,2% per l’Italia (9 decimi sotto le stime precedenti). Dunque, il 2023 sarà un anno di recessione per il nostro paese, come sottolineato dal capo economista del Fondo Monetario Internazionale, Pierre Olivier Gourinchas, che prevede per il prossimo anno un “forte rallentamento in gran parte dovuto ai prezzi dell’energia ma anche all’impatto della stretta monetaria”.

Gianmarco Accardo

L'ora di Economia

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