Fra tanti Turchi c’è pure quello nolano

Le popolazioni italiche, soprattutto quelle rivierasche di tutto il  Centro – Meridione, tra le loro paure ancestrali conservano ancora, con inconscio terrore, il ricordo dei  Turchi, che, dopo la conquista di Costantinopoli (1453), presero a scorrazzare nei nostri mari con le loro agili navi segnate dalla mezzaluna islamica, devastando intere contrade e facendo strage delle inermi popolazioni cristiane, dopo aver dato sfogo alla loro ferocia con depredazioni, violenze ed incredibili torture, tutte rigorosamente turche. Basti ricordare, a riprova esemplare, l’eccidio nel 1480 degli abitanti di Otranto, perché si erano rifiutati di convertirsi all’Islam. Il tutto fortunatamente finì bene sia per gli assalitori, che con la loro guerra santa si assicurarono un erotico talamo nell’islamico paradiso delle delizie, sia per gli sventurati idruntini, che, a scorno dei Turchi, furono santificati come martiri e si guadagnarono anch’essi la celeste beatitudine. Tutto è bene quello che finisce bene. 

Le popolazioni italiche, però, non hanno mai mandato giù il fatto di essere state per lungo tempo oggetto dell’efferatezza ottomana, e da allora hanno bollato i Turchi con un marchio che li ha abbinati a saccheggi, distruzioni e stermini, ed appena ne hanno l’occasione non mancano di prendersi una tardiva quanto incruenta rivincita. Quando capita di essere a contatto con persone prive di senso civico e dal comportamento rozzo, dalle Alpi a Pantelleria si è soliti esclamare con ironico disappunto: ”Mamma, li Turchi”. In molte manifestazioni folcloristiche italiane, di richiamo turistico, oltre all’allestimento di cortei che ricordano i Turchi si infierisce contro un simulacro plastico dal volto magro, olivastro e baffuto, con sopracciglia a cespuglio e barba mefistofelica, chiamato normalmente “Turco  oSaracino”; sono le cosiddette “giostre” in costumi d’epoca, in cui un   pupazzo o una   testa dalle fattezze turche   fa da bersaglio alle lance di veloci cavalieri (Italia centromeridionale). Nelle ricostruzioni storiche estive che simulano incursioni islamiche e battaglie navali tra Cristiani e Turco-Saraceni, i secondi, truccati in modo da avere aspetto ed atteggiamento feroci, vengono sempre respinti dopo lunga e strenua tenzone (Campania, Puglia). Nella “Sagra dei Gigli “ di Nola, per significare i Goti di Alarico che devastarono la città all’inizio del secolo V, è inserito un figurante in una barca che, essendo metafora di vandalismo, non poteva che chiamarsi “Turco” e, di conseguenza, indossa sfarzosi abiti serici, turbante o copricapo arabeggiante, camicione, figaretto, ampi pantaloni retti da una fusciacca, ricco mantello e l’immancabile scimitarra da feroce Saladino, il tutto arricchito con vistosa bigiotteria. Nella Festa dei Gigli del 2013 il Turco fu impersonato da Antongiulio Napolitano (foto). 

A Castelbuono di Sicilia nella pasticceria locale una torta è chiamata “Testa del Turco. Non mancano siti e località che li ricordano. Tanto per citarne alcuni ricordiamo la Grotta del Turco a Gaeta, la Scala dei Turchi, una parete rocciosa che si erge a picco sul mare lungo la costa di Realmonte vicino a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, la Cala del Turco (Peschici), la Baia delTurco (Otranto) Le scorrerie torco-saracene sono anche ricordate nella canzone napoletana Michelemmà,   la quale nel testo riporta: li  turche se nce vanno Michelemmà, Michelemmà, li turche se nce vanno Michelemmà, Michelemmà, a reposare, a reposare. 

       L’esagerata e quasi cromosomica pignoleria dei Turchi nel condurre devastazioni e stermini ha portato al luogo comune di estendere questa loro precisione unnica ad altri comportamenti negativi, visti in misura iperbolica, alla turca appunto. Perciò, se uno si attacca ripetutamente alla sigaretta è accusato di “fumare come un turco”; quando una persona è affetta dal detestato vizio dell’empia imprecazione “bestemmia  come  un  turco”;  chi  si lascia  prendere da un eccesso d’ira “si fa prendere dai turchi”, mentre chi parla in modo incomprensibile ed oscuro “parla turco”. Se poi ci si trova ad assistere o a partecipare a situazioni ed a fatti inusitati, sia piacevoli sia irritanti ed indescrivibili, si dirà di aver visto o fatto “cose turche”. Nel caso vi capiti di “sudare come un turco” sappiate che l’espressione si riferisce ai “bagni turchi”, locali pubblici o privati con atmosfera caldo-umida, usati dagli Ottomani per fare salutari saune ed abluzioni igieniche, mentre si conversa e si socializza stando seduti, manco a farlo apposta, con le gambe incrociate “alla turca”.  

La terminologia collegata ai Turchi, oltre alle locuzioni citate, riguarda altri campi culturali. Tra i colori troviamo una tonalità di azzurro che prende il nome di “turchino”, a sua volta derivato dalla “turchese”, una preziosa pietra dura importata nei secoli passati dai paesi del vicino Oriente. Sono chiamati anche turchi particolari vasi per luoghi di decenza, installati a livello del pavimento, che richiedono una posizione accovacciata per essere utilizzati; la loro funzionalità li rende maggiormente igienici e pertanto sono adoperati in servizi pubblici.     

​​Ma la parola “turco”, nel suo valore attributivo, ha acquisito nel nostro linguaggio anche l’accezione di cosa esotica, poco conosciuta e di forma strana; e così abbiamo l’uva turca baresana, che può diventare “sultanina”; il ferro di cavallo turco, perché ripiegato a mezzaluna; i piccioni ed i polli turchi, diversi per piumaggio da quelli più comuni. Il mais, allorché fu importato in Europa dall’America centromeridionale, avrebbe dovuto chiamarsi logicamente grano americano, invece, poiché per la fantasia popolare le cose insolite, sconosciute e strane dovevano essere necessariamente originarie della Turchia, prese il nome di granturco .

Per concludere, al lettore condizionato da questo excursus a sperimentare “cose turche”, suggeriamo di sdraiarsi su un’ottomana, il tipico divano turco chiamato anche “sultana”, e lasciarsi tentare e concupire da velate e sinuose odalische, come in un harem, mentre si degusta un caffé fatto alla turca e si ascolta la “Marcia turca” di Mozart. Gli eunuchi sono facoltativi.  

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