Napoli campione, noi boomer i più fortunati: abbiamo gioito per tre scudetti

La mia generazione è stata la più fortunata calcisticamente parlando.

Abbiamo vissuto a Napoli tre meravigliose feste per lo scudetto.

Epopee strepitose del passato: Sallustro, ed il mariglianesissimo Venditto, Jeppson e Amadei, Sivori e Savoldi, Clerici e Braglia e poi Zoff, Bruscolotti e Juliano, Massa e Canè, Giordano e Bagni, Careca e Di Napoli, ma sopra ogni cosa Maradona. Il suo estro, la sua allegria, la sua sregolatezza, il suo piglio da condottiero di un Sud che provava a non essere più subalterno pur nella evidente sproporzione di mezzi e risorse: dietro la Juve la Fiat, dietro l’Inter il re delle mense Pellegrini e dietro il Milan la Fininvest di Berlusconi.

Dedicammo i primi due scudetti del Napoli ai nostri nonni che frequentando lo stadio Albricci prima ed il Collana poi (nessuno dei due vide il Napoli campione) si sbracciavano e soffrivano per un Napoli che ce la metteva tutta per emergere, ma i risultati stentavano ad arrivare sotto le gragnole dei goal dei Green, dei Nordahl, dei Leidholm.

Era il dopoguerra e quei nonni alimentarono una speranza mai sopita e mai raggiunta: sempre a loro va il mio ricordo, tifosi veri, mai paghi, pur felici dei magri successi e comunque mai gratificati da uno scudetto eppure tifosi autentici: trasferte eroiche e messianiche attese. Zero tv, appena un po’ di radio dalla voce stridula o gracchiante. 

È toccato a noi boomer vivere la stagione festosa, allegra ed irriverente di un Napoli poco felice in coppa, ma spavaldo e puntuto in campionato, dominatore ed ammirato.

Due scudetti e finì un ciclo. Forse finisce con quel Napoli anche un calcio paternalistico dei Ferlaino e dei Sensi, dei presidenti romantici e fumantini.

Da qualche anno veleggiamo nei posti alti della classifica eppur sembravamo quasi condannati a concorrere sempre e solo per i posti Champion. Nulla di più, nulla di meno.

Martens e Insigne, Koulibaly e Allan, vanno via tutti. Sembrava l’apocalisse, la fine di un sogno ed invece si apre d’un colpo una cavalcata trionfale. Si battono con semplicità blasonate e squadre arrembanti. Si vince e soprattutto “LA-CAPOLISTA-SE-NE-VA”, il refrain di tutto questo campionato.

Altera, irriverente, consapevole, convinta, una squadra compatta e decisa a vincere il titolo per riportare Napoli, i napoletani sul gradino più alto del podio.

Siamo Campioni dobbiamo prendere esempio dalla squadra, dalla società per essere vincenti e primi in ogni campo. Abbiamo tutte le potenzialità che questa vittoria ci dona. Non è rivincita fine a sé stessa, è vincita per replicare i successi.

Grazie ai calciatori tutti da Osi a Kvara, da Kim a Gaetano (unico pezzo prezioso napoletano) grazie all’allenatore contro il quale pure ho sbottato in più occasioni (sempre lo stesso goal subito dal Milan, dalla Juve…e datti una mossa!) e soprattutto grazie al Presidente De Laurentis che non fa nulla per rendersi simpatico, ma ha fatto la cosa più grande, ci ha donato quello scudetto tricolore che porteremo sulle maglie, anzi quasi sentiremo quel tricolore sulla nostra pelle, senza alterigia, ma con consapevolezza a testa alta ognuno di noi si sentirà campione.

Mi auguro che anche i nostri figli e nipoti potranno vivere tanti fortunati successi.

Paolo Russo

Responsabile per il Mezzogiorno nella Segreteria Nazionale di Azione – medico – scrittore

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