Economia – Bce aumenta i tassi: gli effetti su mutui, prestiti e sviluppo

Il 21 luglio si è tenuta la riunione più attesa nella storia della Bce. Per la prima volta dopo 11 anni la Banca Centrale Europea ha invertito la rotta dei tassi negativi, inaugurata da Mario Draghi nel 2014, verso un progressivo ritorno alla normalità monetaria. Il tasso di rifinanziamento principale è ora allo 0,50%, il tasso sui depositi è pari a zero (da -0,50), mentre il tasso per la marginal lending facility passa allo 0,75%. La stretta monetaria è stata più severa del previsto, dal momento che i mercati attendevano un rialzo graduale dei tassi di 0,25 punti base. Tuttavia la situazione sembra più grave del previsto, come percepito dalle parole della presidente della Bce, Christine Lagarde, la quale ha anche aperto ad “un’ulteriore normalizzazione dei tassi di interesse” nelle prossime riunioni del Consiglio direttivo. Si prevedono, dunque, tempi difficili per l’economia dell’Eurozona, in particolare per i paesi mediterranei con un elevato debito pubblico come l’Italia. Infatti, il rialzo dei tassi attuato dalla Bce comporta, in termini pratici, un aumento del costo al quale le banche centrali prestano denaro alle banche commerciali. In altri termini l’obiettivo della Bce è quello di aumentare il costo del denaro, e ciò comporta una diminuzione della quota di prestiti e mutui erogati che avranno un costo maggiore, in modo da ridurre la domanda e, quindi, contrastare l’inflazione. Tale politica è stata fortemente contestata da alcuni economisti, tra cui il consigliere economico di Palazzo Chigi, Francesco Giavazzi, secondo cui la Bce ha utilizzato uno strumento sbagliato per frenare la fiammata inflazionistica, dal momento che in Europa “non abbiamo una inflazione da domanda come negli Usa ma abbiamo una inflazione legata al prezzo del gas”, e quindi legata a uno shock dell’offerta.
Inoltre, una delle novità della riunione riguarda l’introduzione di un programma varato dalla Bce denominato “Transmission Protection Instrument”. Esso rappresenta lo scudo anti-spread predisposto per contrastare dinamiche di mercato ingiustificate e, dunque, per abbassare le impennate dei rendimenti dei titoli di Stato a cui si è assistito in questi giorni in alcuni paesi dell’Eurozona. In particolare la Bce agisce da prestatore di ultima istanza, potendo comprare obbligazioni governative in quantità illimitata. Potranno beneficiare di tale strumento gli stati che non sono sottoposti a procedura per deficit eccessivo, che non hanno squilibri di bilancio, il cui debito è sostenibile e, infine, i paesi che rispettano gli impegni del Recovery Fund. In definitiva, Francoforte assegna i compiti a casa e richiede ancora una volta disciplina nei conti pubblici, materia nella quale l’Italia è stata più volte rimandata negli ultimi anni.

Gianmarco Accardo

L'ora di Economia

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