Stadio San Paolo Diego Armando Maradona

Maradona per me ha rappresentato gioia, spensierata giovinezza, rifugio anche per i primi dolori e dispiaceri della vita. Di più, è stato il riscatto sfrontato della napoletanità chiassosa e vivace anche di quella macchiettistica od esagerata. Era genio, sregolatezza e tanto amore per il prossimo!

Maradona era il Sud del mondo e d’Italia, povero, sfortunato e sottomesso che vinceva con un guizzo per merito, valore e qualità, senza pietismi o rivendicazionismi, semmai era il ribellismo che diventava successo.

Per questo va ricordato come eroe moderno del riscatto della nostra martoriata terra.

La norma, circa le intitolazioni di piazze, strade o monumenti, prevede che solo dopo dieci anni dalla morte, proprio per sottrarsi all’emotività immediata , è possibile ricordare uomini o gesta illustri, salvo eccezioni che ne richiedano l’intitolazione prima, previa autorizzazione del Ministro dell’interno attraverso i prefetti territorialmente competenti.

Ci sta, oggi, chiedere al Prefetto una deroga per poter ricordare il “nostro” Diego Armando Maradona.

Meno, devo dire, anche alla luce di recenti sentenze del Consiglio di Stato, sostituire una intitolazione con un’altra: mi riferisco alla “destituzione” di San Paolo con “san Diego”.

Chi era il santo che dà il nome allo stadio partenopeo? É Paolo di Tarso che, secondo le cronache della storia, nell’anno ’61 d.C. giunse in Italia attraccando proprio al porto di Pozzuoli e non lontano da Fuorigrotta (era il primo dei tre viaggi a Roma del santo).

Teologo cristiano, chiamato “l’Apostolo delle Genti” (umili), è considerato il principale missionario del Vangelo di Gesù nell’età antica e oggi è venerato il 29 giugno, nello stesso giorno di San Pietro (la tradizione vuole che entrambi siano morti, martirizzati, nella stessa data, nel 67 d.C.).

Nella Lettera ai Galati, Paolo dichiara di avere ricevuto la rivelazione del Vangelo da Cristo stesso, e di essere quindi a pieno titolo un apostolo, con gli stessi compiti degli altri dodici che Gesù aveva nominato durante la sua vita terrena, malgrado si senta indegno per aver perseguitato la Chiesa.

Paolo era povero e lavoratore (non disdegnava per mantenersi, con le sue mani, di fabbricare tende), mite ed onesto e predicava l’annuncio della morte e resurrezione di Gesù.

Nelle lettere Paolo sviluppa alcune idee centrali del cristianesimo: il significato dell’Eucaristia come memoriale della morte e resurrezione di Gesù; il primato della carità, che si manifesta nell’aiuto materiale offerto ai poveri;

L’umiltà ed il primato della carità fanno di lui un gigante intriso nella sensibilità e storia partenopea, interprete antesignano di quella bontà d’animo che ha reso la nostra solidarietà mitologica.

Egli seppe indicarci la strada della difesa dei più umili ed insieme la parola di nostro Signore redentore.

Non vi sembra che sia l’altra faccia di una stessa medaglia? Perché non  ricordare  Maradona e San Paolo insieme?

Sì insieme, entrambi terreni, entrambi capaci di donarci la trama dell’aiuto all’altro, al diverso, al vicino, al bisognoso, al prossimo.

Per questo, fuor dalla querelle imbarazzante e dalla rincorsa penosa che rende ridicoli De Luca e deMagistris a chi fa prima ad intitolarne la fermata di una stazione, suggerirei di non infierire sull’uno per cancellarlo con l’altro, piuttosto averli insieme: Stadio San Paolo Diego Armando Maradona!

Paolo Russo

Responsabile per il Mezzogiorno nella Segreteria Nazionale di Azione – medico – scrittore

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