Voto Sì al referendum perché penso al mio Paese
Politico – medico – scrittore
Il referendum è lo strumento di democrazia diretta più vicino ai cittadini.
Ognuno di noi può far valere la propria opinione sulle rilevanti questioni che riguardano vicende destinate ad incidere direttamente sulla vita di tutti i giorni, sulle relazioni sociali e sul funzionamento delle istituzioni.
Nel caso del referendum del 20 e 21 settembre saremo chiamati a dire se vogliamo o no il taglio dei parlamentari.
Io sono favorevole e voterò sì alla riforma.
I motivi?
Sono numerosi e sono supportati dalla mia esperienza sul campo.
Tranne che in rare e solenni occasioni non mi sono mai accorto che a Montecitorio fossimo in 630.
Come tutti sanno ogni provvedimento è “seguito” direttamente dal comitato dei nove (più o meno nove colleghi designati dalla commissione di merito) e da una pattuglia di deputati direttamente interessati all’argomento: mediamente una ventina, mai più di cento.
Quale sarebbe il problema se il plenum si riducesse a 400 obiettivamente non saprei.
Per giunta i legislatori non sono solo i parlamentari.
Oggi ci sono ben 897 consiglieri regionali con funzione legislativa e analoghi compensi e poi 76 parlamentari italiani in rappresentanza del nostro Paese in Europa.
Insomma dal ‘48 ad oggi il numero dei legislatori rappresentanti dei cittadini italiani si è praticamente raddoppiato: un esercito di circa duemila rappresentanti pronti a “difendere” il Paese ed a “scrivere” leggi…
I contrari al quesito referendario obiettano che diventeremmo, in Europa, il Paese con la più ridotta rappresentanza di parlamentari per numero di abitanti.
Niente di più falso:
Ai 945 parlamentari del sistema attuale vanno aggiunti i senatori a vita (al massimo 5) e i senatori di diritto a vita, cioè i Presidenti emeriti della Repubblica. Un numero che ci pone in alto alla classifica dei Paesi europei in fatto di rappresentanza.
Questo non significa che io voglia indulgere sulladomanda del Paese populista ed anti casta, semmai sono convinto che, con le necessarie modifiche ai regolamenti, il lavoro parlamentare potrebbe essere addirittura più spedito e più approfondito.
E mai si metterebbe mano ad una riforma dei regolamenti e perché no ad una qualche modifica costituzionale sulle competenze delle due assemblee legislative se non si fosse “costretti” dall’esito referendario.
Il dibattito sulla riduzione delle spese è, invece, stucchevole e fuorviante: ci si deve interrogare non su quanto costi il parlamento, piuttosto se e cosa produca in termini di qualità e tutele per ogni cittadino.
Non mi convince, anzi mi sembra un po’ provinciale, sperare che il “no” al referendum costituisca l’innesco per mandare Conte a casa.
Proverei piuttosto ad argomentare circa le debolezze del governo e preparare una reale alternativa.
Certo se dovessi pensare alla “mia” di poltrona dovrei votare no: più difficile sarà essere eletti.
Se invece volessi pensare al mio Paese ed alla qualità dell’attività parlamentare e la conseguente produzione legislativa non avrei alcun dubbio e voterò, come già ho fatto nei due passaggi parlamentari, convintamente SI
«Approvate il testo della legge costituzionale concernente”Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”?»
Io l’approvo.
Ed a supporto di questa mia scelta provo a suggerire alcuni argomenti che mi derivano anche dalla lunga ed intensa frequentazione di quelle aule.
Tranne che in rare e solenni occasioni non mi sono mai accorto che a Montecitorio fossimo in 630.
Come tutti sanno ogni provvedimento è “seguito” direttamente dal comitato dei nove (più o meno nove colleghi designati dalla commissione di merito) e da una pattuglia di deputati direttamente interessati a quel testo: mediamente una ventina, mai più di cento.
Quale il vulnus se il plenum si riduce a 400 obiettivamente non saprei.
Anzi per un numero minore di parlamentari si potrebbero attrezzare servizi di supporto ancora più efficienti (immagino uffici studio e servizi di staff) capaci di alimentare al meglio il complicato lavoro del legislatore garantendo ai deputati analoghi strumenti a quelli di cui dispone il governo. Insomma sarebbe rafforzata e non dimidiata la funzione del Parlamento e quindi delle opposizioni.
Quando il costituente indicò in 630 il numero dei deputati ed in 315 quello dei senatori non poteva immaginare che a quei deputati si sarebbero aggiunti, negli anni 70, ben 897 consiglieri regionali con funzione legislativa e analoghi compensi e poi 76 parlamentari italiani in rappresentanza del nostro Paese in Europa.
Insomma dal ‘48 ad oggi il numero dei legislatori rappresentanti dei cittadini italiani si è praticamente raddoppiato: un esercito di circa duemila rappresentanti pronti a “difendere” il Paese ed a “scrivere” leggi…
Immaginare una riduzione del numero di deputati e senatori quindi non avrebbe sostanzialmente alcun effetto sul sacrosanto principio di rappresentanza soprattutto se si adegua la legge elettorale garantendo anche alle piccole formazioni il diritto di tribuna
I contrari al quesito referendario obiettano che diventeremmo, in Europa, il Paese con la più ridotta rappresentanza di parlamentari per numero di abitanti.
Niente di più falso:
Ai 945 parlamentari del sistema attuale vanno aggiunti i senatori a vita (al massimo 5) e i senatori di diritto a vita, cioè i Presidenti emeriti della Repubblica.
In Europa l’Italia è il Paese con il più alto numero di parlamentari direttamente eletti dal popolo. L’Italia è seguita dalla Germania con circa 700 parlamentari, dalla Gran Bretagna con circa 650 e poi dalla Francia con poco meno di 600.
La classifica dei Paesi con il maggior numero di parlamentari non cambia di molto neppure se si tiene conto anche delle Camere non elettive. In questo caso, il numero dei parlamentari italiani sarebbe comunque ai vertici, secondo soltanto alla Gran Bretagna, che sconta per ragioni storiche peculiari la numerosità della Camera dei Lord.
Anche in Francia il dibattito sulla riduzione del numero dei Parlamentari si avvia ad una fase finale con la proposta di riduzione del Presidente Macron!
Nè immagino che ad alcuno venga in mente di prendere come paragone Malta o Cipro.
Ma insisto, non voglio indulgere alla domanda del Paese populista ed anti casta, semmai vorrei argomentare che, con le necessarie modifiche ai regolamenti parlamentari, il lavoro parlamentare potrebbe essere addirittura più spedito e più approfondito.
Sì perché questa riforma da sola non basta e so bene che i detrattori utilizzano questo argomento che io viceversa ribalterei a tutto vantaggio degli innovatori del “si”.
Mai si oserebbe una riforma dei regolamenti e perché no una qualche modifica costituzionale circa le competenze delle due assemblee legislative se non si fosse “costretti” dall’esito referendario.
La forza del popolo che induce un miglioramento dell’architettura istituzionale e dei software esecutivi.
Il dibattito sulla riduzione delle spese è stucchevole e fuorviante: ci si deve interrogare non se e quanto costa il parlamento, piuttosto se e cosa produce in termini di qualità e tutele per ogni cittadino.
Ci sarà una ragione se dal 1982 ad oggi con la commissione Bozzi o la bicamerale D’Alema, con la riforma Berlusconi o con qualsivoglia approfondimento istituzionale si è sempre formulato una proposta che riducesse il numero dei parlamentari.
Non mi convince, anzi mi sembra un po’ provinciale, sperare che il “no” al referendum costituisca l’innesco per mandare Conte a casa.
Come tagliarsi gli attributi per far dispetto alla moglie.
Proverei piuttosto ad argomentare circa le debolezze del governo e preparare una reale alternativa.
Certo se dovessi pensare alla “mia” di poltrona dovrei votare no: più difficile sarà essere eletti.
Penso invece al mio Paese e voterò, come già ho fatto nei due passaggi parlamentari, convintamente SI.
Politico – medico – scrittore