No green pass: la “marcia su Roma”

Ci sono storie che si ripetono, eventi che si susseguono con ciclicità preordinata e patinata da bizzarro senso dell’umorismo.   

Ciò che è accaduto sabato 9 ottobre 2021, l’assalto alla sede della Cgil, ci riporta a qualcosa già vissuto circa un secolo fa, anno domini 1922: la marcia su Roma. 

Tante le assonanze storiche, evidenza cronica di un’Italia ancora troppo fragile, ancora troppo vulnerabile, tra i due eventi uniti nel triste gemellaggio della violenza squadrista mirata a indebolire uno dei simboli della nostra democrazia.

La marcia fu preceduta da mesi di aberranti azioni squadriste contro sedi e iscritti ai partiti e sindacati di sinistra, favorite da un contesto sociopolitico compromesso dal susseguirsi di governi deboli, con prodromo datato 2 agosto 1922 allor quando i fascisti occuparono militarmente Ancona con l’intento di verificare la reazione del governo e del re in vista di un prossimo tentativo su Roma. 

Successivi red flags, furono la grande adunata del Partito Nazionale Fascista a Napoli che doveva servire da prova generale ove Mussolini proclamò pubblicamente: “O ci daranno il governo o lo prenderemo calando a Roma”, nonché la partenza del 27 ottobre 1922 delle camicie nere da Santa Marinella, Tivoli, Monterotondo e dal Volturno avvenuta requisendo convogli ferroviari con l’obiettivo di dirigersi verso la capitale. 

Tutto terribilmente simile all’allarmante discorso che almeno un’ora e mezzo prima stava tenendo a Piazza del Popolo Giuliano Castellino. 

Il leader di Fn, che avrebbe Daspo e divieti di presenziare a manifestazioni simili, inizia con palese fervore il suo attacco contro i sindacati: “Sapete chi ha permesso che oggi il green pass o meglio tra sei giorni diventasse legge? E che milioni di nostri connazionali fossero sotto ricatto? Hanno nomi precisi Cgil, Cisl e Uil”. 

Una analisi che, poi, si tramuta in un delirante piano d’azione: “Sapete oggi gli italiani liberi cosa fanno? – continua Castellino – Vanno ad assediare la Cgil. Oggi noi andiamo a prenderci la Cgil. Chiamiamo Landini: se vuole il suo palazzo, viene a Roma e proclama lo sciopero generale di tutti i lavoratori contro il green pass”

E la manifestazione contro il Green Pass che “doveva essere stanziale diventa un corteo”, come spiegato da Porro, vice-direttore de “il Giornale”; Da quel momento in poi, il corteo si dividerà con una parte diretta verso il palazzo della Confederazione generale del Lavoro.

Comune alle due vicende anche il modus operandi, connotato da una ferocia brutale che i manifestanti hanno utilizzato per sfondare le porte della sede Cgil e per distruggere tutto ciò che fosse sul loro percorso: libri, macchine fotocopiatrici sfondate dai calci, scrivanie a metà ed anche il quadro donato dal pittore romano Ennio Calabria nel 1973, raffigurante un gruppo di lavoratori, terribilmente sfregiato.

L’elemento che più atterrisce, però, è il consenso e la possa che tali facinorosi traggono proprio dalle forze politiche e dai loro maggiori esponenti che cercano di sviare l’attenzione da un termine ben preciso: fascismo.

È Giorgia Meloni che pronunciandosi sulla vicenda delle squadracce romane replica: «È sicuramente violenza e squadrismo, poi la matrice non la conosco, sarà fascista, non sarà fascista, non è questo il punto».                                                  Un blando e fallito tentativo di non pronunciarsi, di non prendere posizione, negando un passato che diventa sempre più << presente>>. 

Tentativo a cui si è aggiunto, ieri 13 ottobre, un post di CasaPound su Facebook in cui si legge: “Così come lo dimostrano le inchieste a orologeria e il tentativo di mettere sotto ricatto partiti come Fratelli d’Italia e Lega: ‘dichiaratevi antifascisti o siete fuori dall’arco costituzionale’. Ma veramente vogliamo tornare ai tempi della Santa Inquisizione? Davvero serve questo alla nostra Nazione?”. 

Come se l’apologia del fascismo, non fosse un reato previsto dall’art. 4 della legge Scelba attuativa della XII disposizione finale della nostra amata Costituzione.

E mentre vani risultano tutti questi interventi piccati e fintamente politically correct, il segretario della Cgil Maurizio Landini, invece, è certo di una avvenuta strumentalizzazione dell’evento: “L’azione contro di noi era premeditata da tempo. L’assalto non c’entra nulla né con le polemiche sul Green Pass né con le motivazioni della manifestazione. L’attacco non è stato contro la Cgil ma contro quello che rappresentiamo perché i sindacati sono un baluardo della democrazia”.

Se quel 28 ottobre 1922 le squadre fasciste avessero trovato una “giusta”, in tutti i sensi, opposizione dal governo Facta e dal re Vittorio Emanuele 3° ,che non solo rifiutò di proclamare lo stato d’assedio alla capitale ma che poche ore dopo decise le sorti del Paese con l’ infausta affermazione “Io non firmo” chiudendo a chiave il decreto non firmato in un cassetto, forse Mussolini non sarebbe riuscito ,spaventando le istituzioni, a prendere così facilmente il comando del Paese e pronunciare l’ormai famoso discorso del bivacco.

Il passato non è di certo soggetto a modifiche, ma l’esempio storico è tale da permetterci di cogliere ora i nuovi red flags che non possono essere più ignorati, che non possono normalizzare accadimenti come quello di sabato 9 ottobre, che non devono riuscire a instillare paura e incertezza, soprattutto da dall’entrata in vigore dell’obbligatorietà del Green Pass nei luoghi di lavoro. 

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